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News - 16/09/2022

Covid-19: a che punto è la ricerca?

In Italia la ricerca sul virus SARS-CoV-2 è aperta su vari fronti. Si continua a monitorare il genoma virale per identificare le nuove varianti e predirne il potere pandemico. La dott.ssa Marta Giovanetti, ricercatrice dell’Università Campus Biomedico di Roma: con le tecniche di sequenziamento genomico attuale, per identificare una nuova variante e predirne la gravità oggi bastano 8 ore.
Mario Capasso: possibile indagare i fattori di rischio genetico che predispongono a forme gravi di Covid-19. Scoperte anche mutazioni rare alla base delle forme asintomatiche.
Mirko Cortese: individuati bersagli molecolari per realizzare nuovi farmaci.

 

Il XVI Congresso della Federazione Italiana Scienze della Vita (FISV), che si è appena concluso alla Reggia di Portici, è stato un’occasione per fare il punto sulla ricerca che riguarda il Covid-19.

Marta Giovanetti, ricercatrice presso l’Università Campus Biomedico di Roma e visiting researcher presso la Fondazione Oswaldo Cruz, è tra i ricercatori che hanno accompagnato la pandemia in Italia con Campus biomedico, in Brasile con la fondazione Cruz (dove è stata isolata la variante gamma) e in Sudafrica con la fondazione Olivera (dove sono state identificate le varianti beta e omicron) e le subvarianti BA.4 e BA.5.

«Le tecniche di genomic monitoring, usate per accompagnare l’evoluzione del patogeno in tempo reale, con la generazione di dati genomici e la loro analisi, - spiega la dott.ssa Giovanetti, permettono di identificare modificazioni genetiche che esitano in variabilità di gravità e prevederne il potere pandemico.»

Un lavoro prezioso, il suo, che si è sviluppato in più direzioni: da una parte la generazione di informazioni scientifiche e la condivisione dei dati con le autorità di sanità pubblica per mettere a punto misure di prevenzione e contenimento, dall’altra il trasferimento del know how alla popolazione locale perché fosse in grado di generare dati e interpretarli in autonomia, in accordo con il concetto di open science.

Passata la fase emergenziale, la scienza continua a monitorare il genoma di SARS-CoV-2 alla ricerca di mutazioni per predire l’evoluzione epidemiologica: «In 6-8 ore oggi si può avere il sequenziamento genomico del virus e capirne il potenziale pandemico.»

Oltre ciò, si analizzano anche le caratteristiche genetiche dei pazienti, per capire quali fattori aumentano la vulnerabilità alla reinfezione e alla persistenza virale e, soprattutto, si fa ricerca sui cosiddetti “long-Covid effects”.

Studi genetici hanno permesso anche di indagare i fattori di rischio genetico che predispongono a forme gravi di Covid-19, come spiega il professor Mario Capasso dell’Università di Napoli Federico II - CEINGE Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore: si tratta di mutazioni ereditate del DNA che influenzano, da una parte, i meccanismi molecolari che regolano la risposta immunitaria nell'uomo (Interferone I e III) e, dall’altra, i meccanismi molecolari alla base dell'entrata del virus nelle cellule umane, oppure ancora i meccanismi molecolari legati al corretto funzionamento dei polmoni.

«Sono stati, inoltre, scoperte mutazioni rare – aggiunge Capasso - che attenuando l'eccessiva risposta infiammatoria predispongono a un fenotipo asintomatico della malattia COVID-19.»

Risultati importanti, che potrebbero essere applicati in campo clinico: «È possibile sviluppare un test genetico basato sul sequenziamento di nuova generazione che sia in grado di valutare tutte le possibili mutazioni già associate a fenotipi gravi.  – spiega Capasso - Diversi studi suggeriscono di applicare tale test genetico ad individui con età minore di 50 anni con sintomi gravi senza malattie pregresse per individuare quelli predisposti a sviluppare una malattia grave e indicare poi trattamenti terapeutici personalizzati»

Un altro fronte su cui si lavora è quello della caratterizzazione dei meccanismi di replicazione del virus: «Abbiamo dimostrato che l’infezione da SARS-CoV-2 induce la frammentazione dell’apparato di Golgi, - spiega Mirko Cortese, group leader Tigem -  l’alterazione funzionale e strutturale dei mitocondri, la rilocalizzazione dei perossisomi in prossimità degli organelli replicativi virali, un rimodellamento del citoscheletro. Abbiamo infine dimostrato come sia possibile limitare l’infezione di SARS-CoV-2 agendo sulla cellula ospite tramite l’utilizzo di inibitori che alterano l’organizzazione del citoscheletro.»

Lo studio ha quindi fornito una mappa delle alterazioni morfologiche e funzionali indotte dal virus sulla cellula ospite: «Tali alterazioni possono essere alla base dell’elevata citopatogenicitá osservata durante la replicazione all’interno della cellula ospite. Infine, la caratterizzazione dei meccanismi molecolari alla base delle alterazioni indotti da SARS-CoV-2 ci potrebbe aiutare ad individuare nuovi bersagli per lo sviluppo di molecole con attivitá antivirale.»

Comunicato stampa FISV